Il senso del pudore e la decenza sono stati più che violentemente calpestati dalle massicce, intolleranti ed intollerabili proteste sollevatesi dal mondo accademico e dal mondo della sinistra studentesca contro la visita di Papa Benedetto XVI alla università La Sapienza (che, per dovere di cronaca storica, è stata fondata proprio da un Papa, cioè da Bonifacio VIII, il 20 aprile del 1303, con la bolla In Supremae praeminentia Dignitatis) di giovedì 17 gennaio 2008. Il fatto che vi siano state queste così vibrate e rumorose proteste lascia presagire uno scenario non poco drammatico, non poco anticostituzionale, non poco preoccupante. Se il tutto fosse circoscritto ad una massa di ragazzetti dei collettivi studenteschi che hanno voglia di rivivere i racconti nostalgici dei loro genitori sessantottini, la vicenda non sarebbe così allarmante, ma poiché ad essere coinvolti in prima linea, e con vistosa durezza, sono proprio molti, troppi, membri della classe docente de La Sapienza, il fatto traghetta dalla quasi comicità che avrebbe potuto contraddistinguerlo alla certa tragicità che invece di sicuro lo identifica come un atto di liberticida criminalità ideologica.
Ben sessanta docenti delle materie scientifiche hanno suggerito, caldeggiato, urlato l'annullamento dell'invito del Pontefice all'inaugurazione dell'anno accademico. La richiesta dei docenti nasce dalla volontà e dalla necessità di difendere la laicità della facoltà romana presuntivamente violata dalla visita di Ratzinger. Il fatto è tanto più grave in quanto si tratta proprio di proteste e veti inastati proprio da soggetti che avrebbero il compito di formare i giovani e insegnare loro la tolleranza, il rispetto del prossimo, l'amore per la libertà. I seguaci del laicismo intransigente ed antidemocratico pretendono che Benedetto XVI annulli la sua visita in quanto le sue posizioni dottrinali sono inconciliabili con il mondo della scienza moderna. La questione che più suscita preoccupazione è che uno stormo incontrollato ed incontrollabile di docenti di una università statale abbia tentato di impedire che il Papa tenesse il suo discorso senza nemmeno conoscere gli argomenti da lui trattati, dimostrando così una meschina quanto squallida mentalità pregiudiziale nei confronti di uno dei più importanti intellettuali dell'ultimo secolo (prescindendo dalla adesione soggettiva alla dimensione religiosa che Ratzinger rappresenta).
Non stupisce nemmeno che la maggioranza sia composta da professori della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, cioè, fra tutti, quelli più abituati ad elidere la dimensione metafisica della vita umana. Impegnati nello studio di formiche, rocce, molecole ed atomi, sono i massimi propugnatori della inesistenza di Dio, della possibilità della scienza di dimostrare questa inesistenza e della assoluta inconciliabilità - spesso anzi definita come aperto ed insanabile contrasto - tra fede e ragione, così come viene scritto dal professor Marcello Cini nella sua missiva al rettore de La Sapienza per protestare contro la visita di Ratzinger. E, in quanto sono poco consoni a frequentare l'ambito metafisico, essendo prigionieri di quello fisico, sembrano essere abituati a ragionare soltanto secondo i criteri del determinismo, cioè secondo una logica di necessità, la necessità dei procedimenti naturali, fisici, cioè la logica imperativa ed elementare di causa ed effetto.
E proprio il bozzolo del determinismo li separa inequivocabilmente dalla logica della libertà, quella libertà che fonda il concetto di democrazia occidentale, quella libertà che, traboccante dal pensiero cristiano, si travasa nel pensiero politico e giuridico europeo, quella libertà di stampo volteriano in base alla quale si disapprova ciò che pensa il proprio interlocutore, ma si sarebbe disposti a dare la vita per conservare il suo diritto a pensarlo. Quella libertà, insomma, che risulta essere fondativa di ciò che viene tutelato e sancito nell'articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana («Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»), cioè la libertà di pensiero che anti-illuministicamente, anti-cristianamente, anti-costituzionalmente, anti-democraticamente e, oserei, anche anti-scientificamente è stata orrendamente trucidata dalle censure che questi docenti, con l'aiuto del giacobinismo e dell'ignoranza dei collettivi di sinistra, hanno voluto muovere al capo della Chiesa cattolica, che resta comunque, sempre per dovere di cronaca e a prescindere da ogni altra considerazione, un capo di Stato estero (guida di circa 1 miliardo e duecento milioni di cattolici, cioè più della metà della cristianità mondiale).
Ci si augura, insomma, che la comunità scientifica accademica italiana possa al più presto rinsavire e, oltre che applicare l'articolo 33 della Costituzione («L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento»), anche comprendere che prima d'essere scienziati occorre essere uomini, uomini liberi, ed in quanto tali democratici, consentendo al prossimo di poter esprimere la propria opinione pur non condividendone il contenuto. E tornano così ancora una volta alla mente le parole di un illuminista, Voltaire, molto, molto lontano dalla mentalità di questi impettiti scienziati che indossano più o meno consapevolmente i panni dell'intolleranza ideologica: «Lo spirito di intolleranza deve basarsi su ragioni ben meschine, giacchè cerca ovunque i più vani pretesti».
martedì 15 gennaio 2008
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2 commenti:
E' una vergogna!
QUESTA è LA CONFERMA CHE SI è ARRIVATI A TOCCARE IL LIMITE DOPO AVER TOLTO I CROCIFISSI, DALLE SCUOLE E AVER "NASCOSTO" LE NOSTRE RADICI CRISTIANE NELL'ARMADIO PER RISPETTO DELL'ALTRO ORA VIENE INTIMATO DI NON PARLARE A CHI PER PRIMA COSA, OLTRE TUTTO,è UNA PERSONA DI ALTA CULTURA. BHè PASSI AVANTI VERSO IL TOTALE DECLINO DEL BUON SENSO PRESO A CALCI DA UN EGOISTA LAICISMO.
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